Architettura e caratteristiche del rione “Terra” di Ostuni

Il rione “Terra”, ovvero il centro storico di Ostuni, nella sua massima espansione si viene a trovare quasi su di uno strapiombo, oggi in parte livellato da terrazzamenti agricoli e dalla costruzione di vie di comunicazione. Per questo motivo alcuni torrio­ni risultano oggi come sprofondati.

Il paese è situato su di una collina e poggia su di un terreno affiorante di tipo roccioso carsico: un tempo questa porzione di territorio ai piedi della cinta era abitata, difatti molte delle rocce af­fioranti sono state lavorate per definire spazi per il lavoro o il sedime di case. È ancora visibile una porzione di muro a sacco che si innesta da una tor­re, forse di un’abitazione.

Alcune abitazioni presentano un piano semi-in­terrato o interrato, talvolta coincidente con la struttura di frantoi ipogei, ovvero di grandi stanze ipostile per la lavorazione delle olive. Questi locali sottoposti sono in corrispondenza ad un salto di quota per cui posseggono finestre solo da un lato.

Alcune costruzioni trovano la loro collocazione al di sopra delle cinte murarie preesistenti, come ad esempio l’ex convento di clausura delle Bene­dettine – costruito nel 1530 – che ha la sua sede sul sedime delle mura angioine, ancora visibili nei sot­terranei dello stesso.

Le abitazioni tipiche.

La differenza maggiore si nota fra le costruzioni di tipo “povero” e quelle più nobili e signorili.

Nella prima categoria includiamo tutte le abitazio­ni del popolo, costituite solitamente da tre vani e accesso diretto su strada. Si dice infatti “sala, ar­cuéve e cammarìne” la tipica casa costituita da una sala (salotto e cucina), alcova sotto cui stava il letto matrimoniale e la cameretta per i bambini. In que­sta prima disposizione non trovava luogo il bagno, che inizia a comparire invece solo nel XX secolo o all’interno delle case, se disponevano di spazi più grandi, oppure all’esterno o come piccoli aggetti o come chiusura di terrazzi prima esistenti.

Solitamente costruite ad un unico livello, oggi spesso unite mediante l’inserimento di scale inter­ne non sempre congrue, talvolta tagliando le volte esistenti. La casa terranea era detta “sottana” ov­vero al piano di sotto (piano terra), mentre quella al primo piano era detta “soprana”. Per questo si assiste ad un’edilizia che varia tra 2 e al massimo 3 livelli. Se la casa al piano superiore era realizza­ta in concomitanza con quella al piano inferiore, la scala era realizzata internamente preferibilmente chiusa da una voltina a botte con la stessa penden­za della scala. In questo modo la scala era affianca­ta alle stanze, senza tagliarne le volte.

Dato il gran­de dislivello da superare (una stanza voltata può raggiungere anche i 3,50 o 4,00 m) e volendo occu­pare solo un lato della casa, l’alzata dei gradini ri­sulta particolarmente elevata, e difatti per ridurla si usa spesso già portarsi ad una quota maggiore su strada.

Nel caso in cui la sopraelevazione risulta successi­va, si assiste alla creazione di scale esterne, talvol­ta con piccoli ballatoi per distribuire al più due o tre appartamenti. In questo caso, circa la questio­ne statica, si devono indagare le connessioni fra la casa a piano terra e quella a primo piano e se la prima è capace di sopportare questa aggiunta di carico.

Alla fine del XVI secolo, durante la costruzione dei rioni extra moenia, si usava già preparare la sca­la che conduceva al terrazzo accanto della casa a piano terra, in modo tale che se si fosse voluto sopraelevare l’abitazione, non si sarebbe dovuto tagliare alcun solaio, né occupare la strada pubbli­ca. Passeggiando oggi per questi rioni si assiste in alcuni punti alla cristallizzazione di questo modo di procedere alla costruzione.

 Un’altra tipologia tipica era la casa con bottega, dove quest’ultima trovava l’ingresso in un porto­ne più grande e che termina con una chiusura ad archetto. La casa del padrone ha un ingresso indi­pendente a lato del portone della bottega e si svi­luppa al piano superiore.

Le scale erano larghe 3 palmi equivalenti a circa 78 cm, e il materiale da costruzione dei gradini, nelle scritture notarili, era specificato l’uso del carparo, le cui cave erano poco distanti dal centro.

Nel centro storico non mancano costruzioni più signorili, nate nei vari secoli accorpando più abita­zioni o ricostruendo porzioni di isolati. Queste abi­tazioni solitamente sono composte da due livelli e sono riconoscibili dall’esterno grazie ai portali fi­nemente decorati e all’arme, ovvero agli scudi de­corativi con lo stemma ed il motto delle famiglie.

Altra tipologia di case sono quelle a corte, talvolta appartenente ad una sola famiglia ma molto spes­so su cui si affacciano anche più case. Questo modo di costruire è proprio dell’epoca normanna e assi­curava alle famiglie di poter avere un piccolo spa­zio all’aperto in cui coltivare qualcosa.

Nella Terra vi erano inoltre alcuni spazi cintati te­nuti a giardino od orto, che avrebbero assicurato in caso di assedio una possibilità di rifornimento di viveri di prima necessità. Vi erano inoltre cister­ne, spesso di semplice raccolta delle acque mete­oriche convogliate dai tetti, che invece servivano per rifornirsi di acqua.

Materiali da costruzione e murature.

Nella terra di Ostuni le cave principali sono di pie­tra calcarea o calcarenitica, la quale è usata sia come materiale da costruzione che per ricavare l’intonaco per i rivestimenti. La pie­tra ostunese, in particolare, è un calcare compatto color bianco avorio ed è ottimo perché pur essendo compatto è allo stesso tempo duttile nella lavorazione e resi­stente agli agenti atmosferici in virtù d’una patina brunastra che, formandosi col passar degli anni, lo rende immune dall’erosione.

Tale materiale, insie­me alla così detta pietra gentile, venivano lavorate con gli scalpelli per definire modanature e decora­zioni, come l’arme (stemmi nobiliari) e le cornici di porte e finestre. Con la calce si realizza sia la malta per l’alletta­mento delle pietre, che il latte di calce per le finitu­re ad intonaco. Questo veniva passato ogni anno su tutte le costruzioni per cui risulta ancora leggibile in molti punti della città la stratificazione.

Tutte le architetture di maggior pregio (Chiese e palazzotti nobiliari) sono costruite con la pietra di Ostuni lasciata a vista, mentre le case del po­polo erano costruite principalmente con tufo o pietre meno pregiate poi imbiancate a calce. Oltre al pregio legato alla materia, vi è un pregio legato alla lavorazione della stessa. I conci sono sempre squadrati ma con molta più precisione e attenzio­ne nell’edilizia aulica, che quindi vede corsi più alti e meno malta di allettamento. Al contrario nelle abitazioni povere i conci sono solo sbozzati con strumenti meno precisi e quindi necessitano di maggiore malta per l’allettamento.

Una regolarità nella definizione dell’apparecchia­tura muraria ovvero l’uso di conci di dimensione sempre uguale e la presenza di poca malta di allet­tamento insieme a una distribuzione sfalsata dei giunti verticali, garantisce una migliore risposta ad eventuali sollecitazioni orizzontali.

Lo spessore delle pareti è elevato e si aggira attor­no ai 40 cm minimo, permettendo così la creazio­ne di nicchie di varie dimensioni. La muratura era solitamente costruita a sacco, ovvero creando due paramenti con conci di pietra più regolari e riem­piti con pietre di dimensione inferiore e irregolari. Anche i palazzi signorili presentano l’uso di mu­ratura a sacco ma più stabile grazie ai diatoni di collegamento dei due paramenti.

Solai e coperture.

Inizialmente i solai di interpiano furono definiti con l’uso delle travi di legno con rivestimento in cannicciato e paglia, sostituiti poi con volte in pie­tra soprattutto a seguito degli eventi sismici. In pochissimi punti della città vi sono ancora oggi tracce dei legni usati nella costruzione.

All’interno del Museo delle Arti Preclassiche, ovve­ro dell’ex Monastero delle Monache Carmelitane, si vede un pezzo del torchio per la produzione del mosto, tagliato e posato per creare l’architrave di una porta. In altri punti della città si legge l’uso del legno sempre come architrave, sia di porte che di nicchie. Oggi invece tutte le stanze sono chiuse da volte in pietra di diversa tipologia. Nel Salento sono usate delle forme differenti dal resto d’Italia ed in parti­colare troviamo le volte a botte con unghie, le vol­te a squadro e le volte a stella con quattro od otto punte. Le volte botte semplici sono utilizzate per camere di dimensione minore o per le alcove.

Le volte a stella, dette anche a spigolo, nascono nel XVII secolo e trovano la loro diffusione maggio­re nel Salento poiché sono caratterizzate dall’uso della pietra calcarea. Sono un tipo di volta mol­to complesso e composto da varie fasi costrut­tive. Prima di tutto si costruiscono quattro pilastri quadrangolari su cui si imposta­no i pennacchi detti appigli o appese in dialetto. I pennacchi, assimilabili a una specie di pulvino dalla forma tronco-piramidale, aiutano a definire l’orientamento degli archi e a ridurne l’ampiezza, poiché aumentano la dimensione dell’apice del piedritto su cui poggia la volta. Le forze verranno scaricate su questi pilastri, per cui la muratura la­terale risulterà un tamponamento non necessario ai fini strutturali.

Vengono installate poi le forma­te, ovvero gli archi che determinano la lunghezza e l’altezza della volta, e che collegano i vari pilastri a definire il perimetro della stanza. A partire dal­le formate, si innestano due calotte simili a volte a botte, dette unghie, ed un’ulteriore calotta che contiene la chiave di volta. Il risultato è una volta molto simile ad una crociera ma con un disegno stilizzato di una stella.

Esiste anche una forma così detta a stella doppia o a otto punte, poiché in ogni pennacchio giungono 2 punte. Il pilastro che sostiene la volta è a forma di L. Il processo costruttivo è il medesimo, tranne che si viene a creare uno spazio fra le due punte per ogni angolo che verrà chiuso da un elemento tipo cuneo detto cappuccio.

La volta a stella a 4 punte copre spazi più piccoli con lato di dimensione compresa fra 4,00 e 5,50 metri, mentre se con 8 punte si possono coprire spazi di lato minimo 6,00 metri. 

Circa le coperture, la maggior parte è prettamente di tipo piano, caratterizzata dal così detto lastrico solare in battuto di terra, con chianche di colore grigio scuro che seguono l’andamento degli estra­dossi delle volte. Pochissime abitazioni e le Chiese terminano invece con un tetto a falda doppia e co­pertura in coppi.

La costruzione di volte in pietra, a botte o a crociera è stata utilizzata anche per ricavare stanze costru­ite a cavallo di strade. Lungo le vie di assiste infatti ad una serie di archi, solitamente di tipo rampante isolati o a tutto sesto con sopra l’abitazione. Que­sto garantisce che gli sforzi sono divisi equamente a destra e a sinistra su entrambe le murature. Le gallerie che così si definiscono hanno lunghezza differente ospitando una o due stanze al massimo, solitamente con ad un piano solo tranne per alcuni casi in cui si assiste a due stanze sovrapposte.

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